«Spettacolo indecente»: con questa motivazione lo Stato del Nevada impedisce la diffusione del filmato del Ko di un bianco, Jim Jeffries, atterrato dal nero Jack Johnson, nel combattimento svolto a Reno, Nevada, il 4 luglio 1910, proprio il giorno della festa d’Indipendenza. Nato a Galveston, Texas, John Arthur Johnson è da due anni campione dei pesi massimi, il primo di pelle nera. Alla vigilia del match di Reno, uno scrittore un tempo socialista – Jack London – si rivolge a Jeffries, chiedendogli di «cancellare la vergogna di avere un nero a dominare lo sport più rappresentativo d’America». Dopo il combattimento, un reverendo lancia questa profezia: «Grazie a questo sgarbo per i prossimi cento anni terremo la razza bianca occupata a difendere la propria supremazia. Johnson darà slancio alle ambizioni dei neri in ogni contesto dell’attività umana». Le larghe spalle di Jeffries non reggono l’immane peso della razza: primo di una lunga lista di pugili etichettati come Great White Hope, ha ormai 35 anni e si è ritirato da sei, dopo essere stato al vertice fra il 1899 e il 1904. Il combattimento era stato programmato a San Francisco, ma i disordini razziali e le minacce del Ku Klux Klan spingono il governatore della California a negare l’autorizzazione. Di qui lo spostamento in Nevada.
Sedicimila spettatori vengono perquisiti, la polizia a cavallo confisca centinaia di pistole e di armi da taglio. Il combattimento finisce con la vittoria di Johnson per Ko alla quindicesima ripresa. Nella corrispondenza giornalistica di London traspare la delusione per la modestia di Jeffries, dominato dal campione nero davanti a una folla quasi esclusivamente bianca. Fra le notazioni più acute dello scrittore, una ha fatto epoca: «Ogni combattente ha in sé un certo numero di incontri. Una volta fatti, il pugile è finito». Quel tipo di usura non ha rimedio, si consumano cellule, si bruciano tessuti: ma nessuno può saperlo prima. Figlio di schiavi, Johnson ha faticato a farsi largo: comincia a combattere quando è ancora illegale che un nero osi sfidare un bianco. Spavaldo, accumula avvertimenti e intimidazioni da parte del Klan e per un lungo periodo ritiene più salutare combattere fuori dai confini degli Stati Uniti. Conquista il titolo mondiale il 26 dicembre 1908 a Sydney, Australia, demolendo il canadese Tommy Burns.
L’odio dei bianchi viene ancor più eccitato dal matrimonio con una bianca. Negli Usa è in vigore una legge chiamata White Slave Traffic Act (contro la tratta di schiave bianche) che proibisce il trasporto di donne minorenni da uno Stato all’altro senza il consenso dei genitori. Nata per contrastare la prostituzione di giovani donne bianche, la legge nella sua forma originaria risale al 1910 ed è meglio nota come Mann Act, dal nome del suo estensore, il deputato James Robert Mann. Non mancano i casi in cui il Mann Act è stato usato a scopi di persecuzione politica: fra le vittime, Charlie Chaplin. Nel 1913, l’Fbi incastra Johnson con l’accusa di induzione alla prostituzione e puntuale arriva la condanna al carcere (la completa riabilitazione è stata chiesta nel 2005 dai senatori Edward Kennedy e John McCain). Per sette anni, Johnson è il campione del mondo dei massimi, per altri sette, dopo la condanna, se ne sta lontano dagli Usa. Per tutta la vita, mostra una singolare disinvoltura nello scandalizzare i benpensanti: si fa vedere al volante di auto sportive, diventa l’amante di Lupe Vélez, diva del cinema muto, in Europa si fa fotografare accanto a famose cantanti di cabaret. Si sposa tre volte, sempre con donne del colore “sbagliato”.
Rudi Ghedini
Rudi Ghedini (benvenuto in blog) è autore di molti bei libri, fra i quali «Il compagno Tommie Smith e altre storie di sport e politica» pubblicato (nel 2008 da Malatempora) con la prefazione di Silvia Baraldini.
Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 26 dicembrefra l’altro avevo ipotizzato: 1194: nasce Federico II; 1791: nasce Charles Babbage; 1916: famosa poesia di Ungaretti; 1919: l’Urss proclama la «liquidazione dell’analfabetismo»; 1934: nasce Otello Profazio; 1946: nasce Msi; 2004: lo Tsunami e le sue conseguenze politiche; cfr commento di Naomi Klein; 2008: Lega e Forza Nuova contro un presepe a Genova; 2008: muore Harold Pinter. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)
Articolo tratto da www.labottegadelbarbieri.org